Le Ondine, come elementali dell’acqua appaiono nella mitologia norrena. Nella mitologia greca si parla, invece, di nereidi e sirene. Come gli altri elementali, risulta neutrale e dispettoso al punto da divenire mortale se disturbato.
Sia nella mitologia greca, che in quella norrena, le nereidi e le ondine erano abitatrici dei mari (e dei fiumi, degli stagni e dei laghi); le quali attiravano gli uomini a sé per farli annegare senza che ne accorgessero.
A seconda delle tradizioni il loro aspetto cambia da donne bellissime a mostri marini. L’unica cosa che rimane stabile nel loro aspetto è l’ibridazione tra un essere acquatico e uno antrompomorfo.
Nella tradizione germanica troviamo Lorelei, che sedeva su una roccia spuntante dal Reno pettinandosi i capelli e distraendo i naviganti con il suo canto, portandoli a non badare più ai pericoli. Ma non tutte le ondine erano malvagie, a quanto pare.
Nel Nibelungelied (Canto dei Nibelunghi), i Burgundi durante l’attraversamento del Danubio, vengono messi in guardia dalle ondine su una profezia che rivelerebbe un pericolo nel loro viaggio. Nella tradizione greca invece, prendono nome di nereidi, dal greco Νηρηίς ed erano letteralmente ninfe figlie di Nereo e Doride.
Sempre secondo la tradizione le nereidi non erano affatto amichevoli, e come le ondine, distraevano con il loro canto i marinai, attirandoli verso gli scogli. Da principio pare che la nereide non avesse un’approssimazione sessuale, se vogliamo vederla così. Si trattava di creature di natura acquatica. Col tempo hanno preso forma di donne bellissime, che spuntavano dalle onde solo per metà e mostravano solo il seno, finché non era troppo tardi e i giovani attratti venivano affogati.
Il primo a menzionare le sirene è Omero, nell’Odissea. Ulisse, dopo essere partito dall’isola di Eèa, mette in guardia i marinai e impone loro di tapparsi le orecchie con la cera; perché incontreranno appunto le sirene e se dovessero udire il loro canto sarebbero perduti. Lui però, sprezzante del pericolo, chiede ai suoi compagni di legarlo alla base dell’albero maestro poiché vuole sentire il loro canto senza però subire il fascino che lo porterebbe alla morte. Passando nei pressi dell’isola quindi, le sirene cominciano il loro canto:
“Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei, ferma la nave, la nostra voce a sentire. Nessuno mai si allontana di qui con la sua nave nera, se prima non sente, suono di miele, dal labbro nostro la voce; poi pieno di gioia riparte, e conoscendo più cose. Noi tutto sappiamo, quanto nell’ampia terra di Troia Argivi e Teucri partirono per volere dei numi; tutto sappiamo quello che avviene sulla terra nutrice”
Ma c’è un altro evento nella mitologia greca che fa riapparire le sirene. Nel mito degli Argonauti, narrato da Apollonio Rodio nelle “Argonautiche”, quando Giasone partì per la ricerca del Vello D’Oro, durante il suo viaggio di ritorno, il gruppo passò nei pressi dell’Isola della Maga Circe, e conobbe il canto delle sirene.
Se non fosse stato per Orfeo, il divino bardo dalla voce e bravura straordinaria che cantando era riuscito anche ad ammaliare Persefone, inducendola a lasciar andare via Euridice dagli inferi, sarebbero morti tutti. Il cantore infatti si mise immediatamente a suonare e ad intonare una poesia di incredibile bellezza e la sua bravura non solo eguagliò quella del canto delle sirene; ma la superò al punto da permettere a quasi tutti i marinai di resistere al mortale richiamo. Solo Bute ne rimase schiavo e si gettò in mare.
Le ondine, le nereidi e le sirene appaiono quindi tutte come ammaliatrici che portano alla morte. Ma la più grande dualità che traspare non è tanto la musica o l’ammaliamento in sé. E’ lo stimolo alla sessualità (sono donne bellissime e nude) ma anche alla conoscenza. L’acqua, come elemento passionale, emotivo è anche simbolo di divinazione e profezia.
Infatti le sirene invitano Ulisse a soggiacere con loro per conoscere segreti e non per giacere nei piaceri carnali (che per ovvie ragioni sarebbe stato un problema). Quello che si nota è che questo tipo di elementale è portato alla saggezza come ritualistica iniziatica, ermetica.
Per questo è associato alla musica e al mare, che da sempre ha ispirato soggezione e paura, per gli oscuri abissi dei suoi segreti, per la voracità con cui si nutre di chi non lo rispetta. Ma l’acqua è anche associata alla morte (e le sirene, se vogliamo, conducono alla morte). Se non anche che le sirene, dopo la sconfitta subita da Orfeo e in seguito anche da Ulisse, si gettano dalla scogliera, uccidendosi perché disonorate due volte.
Anche la tradizione della polena ricondurrebbe al mito delle nereidi. Le prime polene, risalenti pare al 420 a.c., posizionate a prua proprio perché sarebbe il punto della nave che dovrebbe “spezzare” le onde e affrontare i misteri e gli oscuri perigli del mare, avevano forma di sirena e pare che sarebbero state lì propriamente per ingraziarsi il popolo acquatico per l’invasione dello spazio e per scongiurare eventuali naufragi.
Il mito del mare e delle creature mitologiche che lo abitano ancora adesso affascina e non lascia la presa soprattutto sulle popolazioni che vivono a ridosso delle sue sponde. Si tratta il mare come una manifestazione vivente, come una creatura con una volontà. Una visione del tutto animista, anche se chi lo fa si definisce cristiano.
Una visione quindi molto discostante dal suo tradizionale dogmatismo. Si dice appunto che “il mare prende le persone e non le rende più” o che “prende e dà”, riferendosi agli oggetti che sono stati perduti e resi dal mare. Ritrovando quindi una sorta di veicolo per il destino karmico delle cose. Ad esempio una tradizione antica prevede che qualsiasi oggetto abbandonato che il mare riporti sulla spiaggia è di proprietà di chi lo trova; anche se questo è un nave.
Al di là di ogni disquisizione mitologica o sociologica, le nereidi troverebbero quindi manifestazione su questo piano come pure onde marine o come creature a metà tra un uomo/donna e un pesce. Come gli altri elementali sarebbero energie allo stato puro di forma sferica e di un colore azzurro/bluastro, e sarebbe possibile vederle solo in determinate condizioni.
Secondo alcune tradizioni ci sono anche luoghi precisi dove vengono eretti altari alle divinità e alle creature marine. Si tratta di altari nascosti in caverne talvolta accessibili solo per via subacquea o solo in dati momenti della giornata per via dell’alta e della bassa marea. Su questi altari, talvolta costituiti di conchiglie e alghe, chi lo desidera può pregare e richiedere protezione per chi lavora sul mare o sui fiumi e ingraziarsi così il favor delle nereidi e delle ondine, mediante offerte di cibo o tesori che il mare reclamerà.
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